Transazione capestro all’emittente dei vescovi

“il manifesto”
19 giugno 2024

Luca Kocci

Cinquecento euro e non ne parliamo più. È la proposta che nei giorni scorsi si sono visti recapitare dall’azienda una quarantina di lavoratori precari di Tv2000, l’emittente televisiva della Conferenza episcopale italiana. Una sommetta una tantum per rinunciare a qualsiasi rivendicazione sul passato – i tanti anni trascorsi a Tv2000 in teoria come lavoratori autonomi a partita iva, di fatto come precari subordinati – accompagnata dalla promessa non dell’assunzione ma del rinnovo della collaborazione per un altro anno.

Si tratta di «una transazione capestro, mediata da una Commissione di conciliazione istituita presso l’Università Luiss, con la quale si costringono i lavoratori a dichiarazioni non conformi alla realtà dei fatti» e «a rinunciare a qualsiasi diritto acquisito nel pregresso rapporto di lavoro con l’azienda», denuncia il Coordinamento precari Tv2000. «Naturalmente chi non firma questa transazione non potrà firmare nemmeno il rinnovo del contratto», proseguono i precari, per i quali più che di «transazione» bisognerebbe parlare di «ricatto», di un «un atto arrogante e unilaterale» che i vertici aziendali «impongono ai lavoratori, nel silenzio assoluto del direttore di rete e dell’editore», ovvero la Cei. I principi etici che dovrebbero guidare la televisione dei vescovi sono ignorati, «l’azienda sta seguendo criteri che fanno carne di porco dei diritti dei lavoratori. O forse ricattare i lavoratori più deboli, quelli a partita iva, rientra tra i suggerimenti della dottrina sociale della Chiesa?», chiedono i precari di Tv2000.

Le organizzazioni sindacali sostengono i lavoratori. L’Associazione stampa romana parla di «proposte indecente». Si tratta di «un patto leonino che non fa onore alla Cei», protesta la Fnsi. «La dignità del lavoro ricorre spesso nei discorsi del cardinale Zuppi, presidente della Cei, un tema ben presente anche nelle parole di papa Francesco. È evidente però che questo non riguarda il lavoro giornalistico, che può essere precarizzato e al quale può essere tolta qualsiasi dignità con cinquecento denari».

Rete Blu, l’azienda associata a Confindustria e controllata dai Cei che gestisce Tv2000, non nega i fatti, ma li addomestica. «La finalità delle transazioni, previste dal Codice civile e molto diffuse nel mondo delle collaborazioni autonome, quali strumenti di gestione dei rapporti lavorativi, è quella di assicurare trasparenza ed equità. È assolutamente normale che vengano previste cifre poco più che simboliche nei casi in cui le transazioni stesse si affianchino al rinnovo della collaborazione», per questo «parlare di “patto leonino” oppure di “falsa partita iva” o ancora alludere al fatto che tali transazioni mettano in discussione la dignità del lavoro appare del tutto fuori luogo e lontano dai comportamenti concreti sempre adottati dall’emittente». All’orizzonte, quindi, non si intravede nessuna soluzione, nemmeno di compromesso.

Contattato dal manifesto, il cardinal Zuppi, impegnato in un incontro, si limita a rinviare al comunicato dell’azienda «che smentisce quello che si è detto». Non risponde monsignor Renna, presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. Dall’ufficio comunicazione della Cei fanno sapere che «non sono previsti né sono allo studio interventi o commenti da parte della Cei», e rimandano anche loro alla nota di Rete Blu. «Occorrono soluzioni strutturali per garantire alle nuove generazioni stabilità e occupazione», auspicava un mese fa il comunicato finale dell’Assemblea generale della Cei. I dirigenti di Rete Blu evidentemente non lo hanno letto.