Per il papa “Dio cammina con i migranti”. Per Meloni i migranti devono stare nei “lager” albanesi

“Adista”
n. 22, 15 giugno 2024

Luca Kocci

Migranti e rifugiati vanno accolti come fratelli e sorelle, perché è la Chiesa stessa a essere «migrante» per propria natura. Papa Francesco nel messaggio per la 110ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che verrà celebrata il prossimo 29 settembre (“Dio cammina con il suo popolo”), invita ancora una volta ad aprire le porte e i mari ai migranti, proprio mentre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si reca in Albania, in visita ai nuovi «lager» per i «clandestini» finanziati dal governo italiano che dovrebbero aprire a metà settembre.

La Chiesa deve «riscoprire la propria natura itinerante, di popolo di Dio in cammino nella storia, peregrinante, diremmo “migrante” verso il Regno dei cieli», si legge nel messaggio di Bergoglio, che richiama anche l’esodo biblico del popolo d’Israele, in cammino «dalla schiavitù alla libertà» della terra promessa: «Le due immagini, quella dell’esodo biblico e quella dei migranti, presentano diverse analogie. Come il popolo d’Israele al tempo di Mosè, i migranti spesso fuggono da situazioni di oppressione e sopruso, di insicurezza e discriminazione, di mancanza di prospettive di sviluppo. Come gli ebrei nel deserto, i migranti trovano molti ostacoli nel loro cammino: sono provati dalla sete e dalla fame; sono sfiniti dalle fatiche e dalle malattie; sono tentati dalla disperazione». Questo significa, aggiunge il pontefice, che «Dio non solo cammina con il suo popolo, ma anche nel suo popolo, nel senso che si identifica con gli uomini e le donne in cammino attraverso la storia, in particolare con gli ultimi, i poveri, gli emarginati, come prolungando il mistero dell’Incarnazione. Per questo, l’incontro con il migrante, come con ogni fratello e sorella che è nel bisogno, “è anche incontro con Cristo. Ce l’ha detto Lui stesso. È Lui che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito”. Il giudizio finale narrato da Matteo al capitolo 25 del suo Vangelo non lascia dubbi: “ero straniero e mi avete accolto”; e ancora “in verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Allora ogni incontro, lungo il cammino, rappresenta un’occasione per incontrare il Signore; ed è un’occasione carica di salvezza, perché nella sorella o nel fratello bisognoso del nostro aiuto è presente Gesù. In questo senso, i poveri ci salvano, perché ci permettono di incontrare il volto del Signore».

«Oggi, piuttosto che respingere e reprimere chi è in cammino, dovremmo porre attenzione ai fattori di spinta e di richiamo che sono alla base della migrazione forzata», ha aggiunto durante la conferenza stampa di presentazione del messaggio, lo scorso 3 giugno, il card. Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. «Anche noi – ha proseguito –, se vivessimo simili pressioni, fuggiremmo. Allora, cerchiamo di vedere i migranti come fratelli e sorelle, siano essi costretti a fuggire o bloccati al confine, o entrambi i casi. I loro viaggi di disperazione e speranza potrebbero essere i nostri».

Detto fatto. Due giorni dopo, il 5 giugno, la premier Meloni ha attraversato l’Adriatico si è recata a Gjader e Shengjin, in visita ai nuovissimi centri per i migranti che verranno respinti dall’Italia e deportati via nave in Albania (previsti 4 viaggi al mese), grazie all’accordo stipulato con il premier Edi Rama. «Vogliamo fare le cose per bene. Perché se funzionerà, e funzionerà, inaugureremo una fase completamente nuova nella gestione del problema migratorio. L’accordo potrebbe essere replicato in altri Paesi e diventare parte di una soluzione strutturale», ha spiegato Meloni, che punta a fare dei “lager” italiani in Albania un modello per tutta la fortezza Europa.