È giusto disobbedire alle leggi anti-migranti: p. Ghezzi scrive al card. Zuppi

“Adista”
n. 22, 15 giugno 2024

Luca Kocci

«Caro padre Matteo, davvero le nostre comunità stanno rispondendo evangelicamente alla sfida che portano con sé le vite delle nostre sorelle e dei nostri fratelli migranti?». Comincia così la lettera che p. Giorgio Ghezzi, religioso sacramentino che lavora a Modugno (Ba) e collabora con la pastorale dei migranti della diocesi Bari-Bitonto, ha inviato al presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Matteo Zuppi, al quotidiano Avvenire e ad Adista, spinto da «profonda amarezza, e pure rabbia, per quanto sta avvenendo contro la vita di tanti fratelli e sorelle migranti, a causa delle politiche di morte, operate dai governi europei, e in special modo da quello italiano».

Nel 2018, scrive p. Ghezzi, «il tentativo di un’accoglienza diffusa nei quasi ottomila comuni fu smantellato dall’allora governo gialloverde. Questo ha comportato una non-accoglienza sempre più evidente, con l’unico tentativo di posteggiare per qualche settimana o mese donne, uomini e bambini in grandissimi centri, in attesa dell’audizione in commissione, avendoli già classificati come “clandestini”: non con l’obiettivo di accoglierli e includerli nel nostro Paese, ma solo di respingerli, quanto prima possibile».

Alla luce di questo, prosegue il religioso sacramentino, «davvero noi cristiani possiamo accettare che ogni giorno i nostri governanti, soprattutto questi governanti, considerino queste donne e questi uomini non come persone, ma come “illegali”? Se questi governanti si dicono cristiani – come del resto ripetono Meloni, Salvini & co., ndr –, non solo dovrebbero considerare queste donne e questi uomini delle persone, e non dei clandestini, ma dovrebbero soprattutto riconoscerli come sorelle e fratelli. Soprattutto non dovrebbero mai parlare di loro come degli illegali, perché il maestro, a cui dicono di ispirarsi, disse che la legge è per l’uomo, non il contrario. Se una legge, come la legge BossiFini, è iniqua, è la legge che deve essere cambiata, non le persone ad essere escluse. Una legge iniqua come la Bossi-Fini all’inizio impedisce di poter entrare regolarmente e in sicurezza in Italia, e alla fine rinchiude in luoghi senza dignità, come i Cpr (Centri di permanenza per il rimpatrio), persone considerate falsamente “illegali”».

Ma più che alla politica, p. Ghezzi intende rivolgersi alla comunità dei credenti. «La mia amarezza e la mia rabbia – scrive rivolgendosi al presidente della Cei – è constatare che la mia amata Chiesa non si indigna per queste scelte. Immagini se le più di 25mila parrocchie in Italia (il triplo dei Comuni) si sollevassero, in nome della fedeltà al Vangelo, e decidessero di disobbedire alla legge sull’immigrazione, e accompagnate dai loro pastori, scegliessero, proporzionalmente di accogliere un nucleo familiare, Di creare cioè un’accoglienza diffusa alternativa! Che miracolo avverrebbe? Questo fu il desiderio di papa Francesco di qualche anno fa, accolto da una minimissima parte delle nostre comunità cristiane».

«Caro padre Matteo – conclude il religioso sacramentino –, non è il tempo della prudenza. La gente muore a sud e a ovest, nei deserti e nei mari; e per le vie di terra, ad est. Non possiamo tacere, di fronte ad una propaganda falsa e disumana. Le nostre sorelle e i nostri fratelli migranti ci chiedono di gridare insieme a loro contro le ingiustizie che l’Europa (e l’Italia con lei) sempre più guerrafondaia sta consumando sulle loro vite».